Venerdì 15 Novembre 2024 ore 14:00 presso sala Fondazione Comunitaria di Lodi, si è tenuto un interessante confronto tra Comunità Energetiche Rinnovabili, con caratteristiche Solidali (CERS) nelle provincie della pianura lombarda ed emiliana. La CERS “Comunità Solare” cooperativa a mutualità prevalente, impresa sociale ETS, accompagnata da un gruppo d’acquisto (GAS) fotovoltaico, è ufficialmente partita, con i primi impianti e soci consumatori.
E’ stata l’occasione per presentare il lavoro svolto e le prime esperienze di comuni, associazioni, cooperative a Lodi e Piacenza e persino le fondazioni costituite per iniziativa della Diocesi di Cremona nei territori oltre Adda. L’evento ha aperto il Festival dei Diritti, promosso dal Centro Servizi Volontariato della Regione Lombardia, con gli interventi di saluto di Giuseppe Negri, a nome della Fondazione Comunitaria Lodi e di Giuseppe Mancini, per il coordinamento Umanità Lodigiana.
Dopo Riccardo Peasso (vedi VIDEO), che ha ricordato i primi progetti nel mantovano, Giuseppe Dasti ha presentato le 6 CERS (Caravaggio, Soresina, Castelverde, Sospiro, Gussola, Casalasco Viadanese) in corso di costituzione, che si propongono di destinare il 25% degli incentivi derivanti dalla condivisione dell’energia rinnovabile di cui beneficeranno, per finanziare progetti sociali. Le comunità cremonesi hanno saputo aggregare i comuni, le parrocchie e gli enti del terzo settore con il ruolo di soci fondatori: nel complesso sono stati coinvolti 27 Comuni, 27 Parrocchie, 18 ETS, per un totale di 72 enti. Vedi VIDEO Giuseppe Dasti. e la sua relazione.
Per il lodigiano e nel piacentino è nata un’unica Comunità energetica rinnovabile solidale (CERS) di interesse sovracomunale. Costituita il 2 luglio scorso, si chiama “Comunità Solare impresa sociale ETS” ed è una cooperativa, impresa sociale, senza fini di lucro (è un ente del terzo settore iscritto al RUNTS, registro provinciale delle associazioni). Contemporaneamente Legambiente e la rete Umanità Lodigiana stanno aiutando i privati a realizzare gli impianti con il Gruppo Acquisto Solare- GAS fotovoltaico: tutti entreranno in comunità, grazie anche ai contributi europei (40% in conto capitale PNRR nei comuni con meno di 5 mila abitanti). Secondo Andrea Poggio, neo presidente della Comunità, “si può fare, sarà un po’ complesso costituire e, soprattutto, gestire comunità energetiche, ma è anche possibile, utile e vantaggioso come sanno tutti coloro (un milione di italiani) che hanno un pannello solare sul proprio tetto. Installare pannelli solari in comunità è oggi un po’ più interessante, proprio perché lo si fa insieme, come dimostrano le esperienze illustrate nell’incontro”. Vedi VIDEO Andrea Poggio e la presentazione.
La parola alle testimonianze. Uno dei primi impianti solari “comunitari” sarà ospitato dalla Coop socialeIl Pellicano di Castiraga Vidardo, ha ricordato Enrico Castelvecchio, allo scopo di completare l’autosufficienza energetica della struttura di accoglienza e di lavoro. Con i fondi raccolti tra i soci della CERS, si realizzeranno 80 kW di solare. Parte dell’energia prodotta sarà direttamente consumata dal Pellicano, in cambio dell’affitto della superficie impegnata dai pannelli. Inoltre la Comunità Solare condividerà con tutti consumatori di Castiraga Vidardo e della zona di Sant’Angelo i vantaggi (il “premio”) dell’energia elettrica di “vicinato” usata. Infine 1.500 – 2.000 euro all’anno sarà destinato al fondo solidale per progetti sociali nel territorio.
Sandra Milas (assessora al Comune di Brembio) ha illustrato il progetto che sarà portato assemblea cittadina l’11 dicembre e che consiste nel realizzazione dell’impianto (più di 100 kW) è stato chiesto un contributo alla Fondazione Cariplo (20% dei costi) e prossimamente, con l’adesione alla CERS, al GSE (40% PNRR). Ogni cittadino di Brembio, insieme alle attività e alle associazioni, potrà diventare socio consumatore o persino “prosumer” della CERS cioè anche produttore con il nuovo impianto solare.
Per il Comune di Guardamiglio ha preso la parola il consigliere Stefano Ghidini, che sta facendo da pilota anche per i vicini comuni di Santo Stefano Lodigiano e Corno Giovine, appartenenti alla stessa “cabina primaria” di distribuzione elettrica. In tutti e tre i comuni si è già tenuta l’assemblea cittadina e il consiglio comunale di Guardamiglio ha già votato l’adesione a “Comunità Solare”. Insieme alla Fondazione Mezzadri, il Comune intende diventare anche “prosumer” della CERS, con impianti solari realizzati sui tetti delle case popolari e della scuola pubblica. Il Comune inoltre si è fatto promotore presso le imprese del territorio per la realizzazione di impianti importanti con il contributo PNRR. La prima ad aver risposto è stata la società Castagna.
Alberto Nicolini, AD di Castagna Univel spa, dirige media impresa che produce imballaggi (sacchetti e contenitori) in plastica per alimenti proprio a Guardamiglio. Tra i nuovi impianti realizzati dall’industria non mancheranno 880 kW di un impianto che “collegherebbero” virtualmente alla nostra CERS “Comunità Solare” ai consumatori della zona. Tutti ne trarranno benefici: il comune e tutti gli altri consumatori che aderiranno alla “Comunità Solare” potranno ricevere l’incentivo riconosciuto dalla rete elettrica per ogni kWh condiviso quando l’impianto di Castagna produce più di quanto consuma. Nicolini ha inoltre promesso di rinunciare al proprio ulteriore quota di guadagno e di volerlo destinare al “fondo solidale” destinato a progetti sociali per il territorio.
Fabio Zanardo (consigliere delegato del Comune di Cervignano d’Adda, ha presentato le tappe dell’adesione alla “Comunità Solare” e l’intenzione di concedere in comodato d’uso i propri tetti (municipio e scuola) per ospitare impianti solari comunitari in cambio dell’energia consumata direttamente dai propri contatori.
Laura Chiappa, presidente del circolo di Legambiente di Piacenza ha promosso la CERS “Comunità Solare” insieme ai lodigiani e lanciato a sua volta il quinto “GAS fotovoltaici” locale. Per Aurelio Ferrari, presidente della fondazione Danelli, aderire alla “Comunità Solare” realizzando con il contributo di Fondazione Cariplo dei propri impianti sarà indispensabile per affrontare gli elevati costi energetici necessari alla cura e all’assistenza dei ragazzi disabili e degli anziani non autosufficienti.
Ha chiuso l’incontro Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia: “Raccontare queste esperienze ci aiuta a comprendere che l’energia deve essere prodotta e consumata in modo diverso. L’energia rinnovabile prodotta nelle esperienze delle CERS è un’opportunità che ci fa capire come farlo in modo giusto e sostenibile per tutti.” Vedi VIDEO interventi.
Il Comitato provincia “No al nuovo inceneritore di Vidardo”, a cui anche Legambiente partecipa insieme a “Ambiente Vidardo”, ha indetto manifestazione provinciale per sabato 25 gennaio mattino. Appuntamento a Castiraga Vidardo e poi corteo sino a Sant’Angelo Lodigiano.
Il prezzo del gas in Europa oggi ha superato le settimana scorsa i 470 euro per 1.000 metri cubi per la prima volta dal 28 novembre 2023. Costa come quando dipendevamo dalla Russia. E infatti, le importazioni di metano Gazprom – la società di stato russa – proseguono proprio con il metanodotto che attraversa l’Ucraina, nonostante la guerra.
In Italia compriamo il gas soprattutto dall’Algeria, ma il metano e, soprattutto, gran parte del petrolio che bruciamo nelle nostre auto viene oggi dall’Azerbaigian, governato da un presidente a vita, grande amico di Putin, che oggi ospita la conferenza Onu sul clima (la COP 29) dove gli stati dovrebbero accordarsi sugli investimenti per promuovere le rinnovabili e liberarci dai fossili.
In Italia, a causa soprattutto dell’inquinamento prodotto da combustioni (auto, riscaldamenti, industria e agricoltura), si registrano oltre 50 mila decessi prematuri all’anno. Eppure nel lodigiano stiamo discutendo di importare oltre 100 mila tonnellate di rifiuti industriali da bruciare nel nuovo inceneritore Ecowatt, oggi controllato dalla multinazionale Itelyum.
Eppure a Lodi il Comune non riesce a far chiudere l’inutile nuova caldaia a gas per il teleriscaldamento cittadino che si trova tra il tribunale e le abitazioni. “La nuova caldaia funziona solo 95 ore all’anno”, si difende il Comune di Lodi. Appunto è inutile, rispondono gli ambientalisti, per spegnerla del tutto sarebbe sufficiente fare un po’ di efficienza e migliorare la regolazione degli impianti termici del comune di Lodi e dei condomini collegati alla rete. A Milano e Bergamo si fa già, è sufficiente non chiudere gli impianti tutte le notti, basta tenerli bassi e fissi a 20 gradi.
Nel 2023 il governo italiano ha speso 78,7 miliardi di euro in “sussidi ambientalmente dannosi” destinati ad attività, opere e consumi connessi, alle fossili. Una somma pari al 3,8% del PIL nazionale. Una spesa, negli ultimi 13 anni, costata all’Italia 383,4 miliardi di euro. Molto di più di quel che è costato il 110. E’ lo stato che foraggia l’Eni e non l’Eni che versa allo stato parte (insignificante) di extraprofitti. I nostri governi, nazionale e spesso anche locali, quando si tratta di metano e petrolio non vogliono attuare le riforme e i cambiamenti necessari.
Talvolta siamo anche noi a frenare il cambiamento. Siamo inquinati anche dalle combustioni casalinghe: uno studio condotto dall’Università Jaume I (Valencia) su famiglie nell’UE ha attribuito alle cucine a gas ben 40 mila decessi precoci ogni anno. L’alternativa? Sono le piastre a induzione, più facili da pulire e manutenere e molto più efficienti. Ancor più convenienti se le nostre abitazioni saranno dotate di pannelli solari. Più aspettiamo, più ci ammaliamo e più paghiamo. E chi paga di più sono i poveri e il ceto medio.
Proprio nei giorni del vertice mondiale per il clima, la diocesi di Roma ha lanciato la costituzione del “Pope Francis-Yunus 3Zero Club”, un’iniziativa ispirata alla visione di Papa Francesco e del Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus. Lo scopo è “creare nuove opportunità imprenditoriali nelle periferie romane, valorizzando i giovani come protagonisti attivi nella creazione di imprese sociali”. Due primi investimenti del “3Zero Club”: la sartoria sociale WinOut e la pizzeria Fermentum. Due esempi di società fondata su tre obiettivi: zero povertà, zero disoccupazione e zero inquinamento, tramite l’imprenditorialità diffusa.
(Andrea Poggio, da Il Cittadino del 29 novembre 2024)
Primo fotovoltaico di “autoconsumo” in un condominio di Lodi, è in zona Fanfani.Le forme per produrre energia rinnovabile in comunità sono tante e crescono tutte insieme nel progetto “Lodi Solare”, progetto avviato due ani fa con il contributo di Fondazione Cariplo.
Ecco le foto del primo condominio che, partecipando al “Gruppo d’Acquisto Solare” (GAS), ha installato sul proprio tetto. L’impianto ha una potenza di 20 kW e batterie d’accumulo per i consumi serali, serve tutti i servizi condominiali (ascensore, pompe, luci comuni) ma può essere anche “condivisa” tra i consumi di tutte le famiglie nei propri appartamenti. Il condominio è in Lodi in zona Fanfani.
Il GAS fotovoltaico è stato promosso a settembre da Legambiente e dalla rete Umanità Lodigiana in tutta la provincia di Lodi ed ormai giunto alla realizzazione dei primi impianti su singole abitazioni, condomini, piccole e medie imprese. La caratteristica innovativa di tutti i nuovi impianti è che sono tutti finalizzati a condividere l’energia con comunità di utenti: il condominio come in questo caso, ma può essere anche una Comunità energetica (CER) di scala comunale (come a Turano Lodigiano e a Casalpusterlengo) o persino di territori più vasti, serviti dalla stessa cabina di distribuzione elettrica: è il caso della CER “Comunità Solare impresa sociale” già costituita a luglio scorso, come spin off del progetto “Lodi Solare” finanziato da Fondazione Cariplo, in tutti i territori della provincia di Lodi e di Piacenza.
“Abbiamo altri 4 condomini che hanno già aderito al GAS – sostengono al Circolo Legambiente LodiVerde – e speriamo che l’esempio venga seguito da tanti altri”. Realizzare impianti fotovoltaici condominiali, ma a disposizione anche della comunità condominiale, conviene, perché moltiplica i vantaggi a parità di spesa iniziale:
riduce le spese comuni (cancelli, scale, ascensori, pompe per il riscaldamento);
aggiunge due piccole entrate al bilancio annuale, per la vendita di energia alla rete elettrica e per tutti i condomini che sono riusciti a condividerla;
e infine, per chi paga le tasse, aggiunge il 50% o il 36% di detrazione fiscale in 10 anni.
In alternativa alle detrazioni fiscali, ma solo nei territori dei piccoli comuni (meno di 5.000 abitanti), si può ottenere in un colpo solo il 40% di contributo a fondo perduto (fondi europei PNRR).
E se i condomini sono a schiera e senza ascensori? La proposta alternativa offerta dalla “Comunità Solare, impresa sociale” è quella di suddividere in parti uguali i tetti tra condomini realizzare tanti impianti solari e di aderire ciascuno alla Comunità Energetica Solidale (CERS) provinciale, aumentando in questo modo sia i benefici per i singoli condomini che i vantaggi per la comunità locale.
Martedì 30 ottobre 2024, il nostro impegno per l’ambiente si è concretizzato in una giornata di solidarietà e pulizia con gli studenti delle prime classi dell’ITIS Volta di Lodi. L’evento “Puliamo il Mondo”, organizzato da Legambiente, ha visto coinvolti studenti, volontari e insegnanti in un’azione collettiva per prendersi cura del nostro territorio.
La giornata è iniziata alle 10:00 davanti alla scuola, dove i volontari hanno accolto gli studenti distribuendo pettorine, guanti, cappelli e sacchi per la raccolta dei rifiuti. Equipaggiati e motivati, i ragazzi hanno subito cominciato la loro missione di pulizia, partendo dal cortile della loro scuola.
Successivamente le due classi si sono divise per recarsi al Parco delle Caselle: una classe ha preso la strada principale, mentre l’altra ha optato per il percorso che si affaccia sugli orti comunali. Durante il tragitto, i ragazzi si sono impegnati a raccogliere ogni pezzo di spazzatura incontrato, dimostrando così un grande senso di responsabilità e rispetto per l’ambiente.
Arrivati al Parco delle Caselle, dopo una breve pausa, assieme ai volontari di Legambiente, Jacopo e Serghiy, e alle loro insegnanti, i ragazzi hanno trascorso due ore intensive a ripulire il parco, raccogliendo sacchi interi di rifiuti e rendendo così un servizio prezioso alla comunità.
L’iniziativa si è conclusa quando gli studenti sono tornati davanti alla scuola. Qui, dopo una meritata merenda, hanno potuto riflettere sull’esperienza vissuta e sull’importanza della cittadinanza attiva. Molti ragazzi hanno espresso il proprio entusiasmo, sottolineando come l’attività non solo fosse stata utile, ma anche divertente e coinvolgente.
Questa giornata non è stata solo un’opportunità per pulire, ma anche un momento di formazione e consapevolezza. I ragazzi hanno avuto l’occasione di vivere in prima persona il valore della responsabilità ambientale, apprendendo l’importanza di prendersi cura del proprio ambiente.
Ringraziamo di cuore l’ITIS Volta di Lodi per la collaborazione e tutti i ragazzi per il loro impegno. Insieme, stiamo contribuendo a costruire una comunità più consapevole e attenta alle tematiche ambientali. Continuiamo a lavorare insieme per un mondo più pulito!
Nel lodigiano gli incidenti stradali nel 2022 sono tornati ai livelli pre-pandemia (2019) come – d’altra parte – in tutta Italia. Eppure il Piano nazionale della sicurezza stradale prevede l’adozione di provvedimenti per rendere i veicoli e strade più sicure, allo scopo di dimezzare morti e feriti gravi entro il 2030. L’anno scorso nel lodigiano si sono infatti registrati 9 morti e 623 feriti, nel 2019 sempre 9 morti e 708 feriti in più di 400 diversi incidenti. Non è andata meglio a Lodi, con 3 morti e 212 feriti.
Nel lodigiano il tasso di incidentalità rimane comunque il più basso tra le province lombarde e si attestato, nel 2022, a 178 incidenti stradali ogni 100 mila abitanti, mentre la media regionale è di 289. Ma resta il fatto che in strada che si corre il rischio di morire o di rimanere invalidi per tutta la vita. E’ quindi apprezzabile che la città di Lodi si sia proposta di ridurre la velocità massima a 30 all’ora e che il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, abbia presentato al parlamento un disegno di legge in tema di sicurezza. Nel 2022 in Italia si sono registrati 165.889 incidenti, 3159 morti (oltre 8,6 decessi al giorno) e 223.475 feriti. Dati in crescita di oltre il 9% rispetto all’anno precedente, il 2021 e in controtendenza rispetto agli altri paesi: abbiamo avuto 54 morti ogni milione di abitanti, mentre la media in Europa è 46. Nel 2010 i morti erano 68, in Europa 67. Vuol dire che in Europa le strade sono diventata decisamente più sicure di quanto abbiamo saputo fare in Italia.
Per dimezzare nei prossimi sette anni l’ecatombe in strada, per ridurre i morti da oltre 3.000 all’anno a 1.500, dovremmo ridurre le cause all’origine degli incidenti, che nelle strade extraurbane sono determinati, in ordine di frequenza accertata, per il 21% dalla distrazione, per il 13% dalla velocità troppo elevata e per il 11% distanza di sicurezza. Solo nell’1% dei casi (3,4% in città) per comportamento scorretto del pedone. Ormai le nuove auto, come i nostri smarphone, sono in grado di riconosce, segnalare e limitare automaticamente tali rischi: le nuove auto si “accorgono” quando calano le palpedre per il sonno, riconoscono chi guida, lo stato di ebrezza, l’eccesso di velocità e i rischi di collisione. Limitare la velocità è la misura più sicura, efficace ed efficiente per ridurre la gravità degli incidenti, le emissioni di CO2 e gli inquinanti. Bisognerebbe rendere obbligatori tali automatismi, come
Oggi, il 49% morti sono utenti deboli: pedoni, ciclisti, disabili in carrozzina, monopattini, mentre la maggior parte degli incidenti gravi coinvolge auto e furgoni. In città si registrano il 73% incidenti, il 70% feriti e il 48% dei morti (molto meno, il 40%, nelle città europee). I sindaci dovrebbero diventare i protagonisti delle misure di sicurezza in strada e i piani comunali (PUMS) finanziati.
Cosa propone invece la legge del ministro Matteo Salvini? Taglia i fondi e poteri ai sindaci: i comuni non potranno decidere “zone 30” troppo estese, istituire zone a pedaggio come a Milano e neppure limitare i veicoli più inquinanti. Il ministro propone sanzioni più severe per gli ubriachi e i drogati al volante, che riguarda il 6% delle cause di incidenti gravi, ma non si aumentano i controlli. Si propongono norme severissime contro il monopattino elettrico (20 all’ora, patentino, casco obbligatorio), un mezzo che ha provocato 16 morti per cadute accidentali o investimento di chi li guidava. Il ministro se la prende poi con i ciclisti, abolendo l’istituzione delle strade urbane ciclabili, delle corsie ciclabili e la “casa avanzata” ai semafori, confinando i ciclisti nelle poche piste ciclabili, per le quali si tagliano i fondi già stanziati dai passati governi.
Quando la sicurezza diventa ideologia e propaganda, non si salvano vita, si fa la guerra. Sulle nostre strade.
Si intitola “Laudate Deum” l’esortazione di Papa Francesco presentata ieri, 4 ottobre, San Francesco, patrono d’Italia, a neanche due mesi dall’apertura della prossima Conferenza Onu sul clima di Dubai che dovrà concordare la fine dell’uso di carbone, petrolio e metano. Ci sono voluti 28 anni perché una Conferenza sul clima affrontasse esplicitamente il tema dell’uscita dall’era dei combustibili fossili.
L’esortazione papale non è motivata solo dall’urgenza, dalla necessità di accelerare la transizione verso l’ecologia integrale, per il bene dell’uomo e della natura, ma anche dalla volontà mettere a nudo “resistenze e confusione”, le manovre di chi, i “segni del cambiamento” vuole “negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli”.
La colpa non è dei poveri: “la realtà è che una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina di più rispetto al 50% di quella più povera e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri. Come dimenticare che l’Africa, che ospita più della metà delle persone più povere del mondo, è responsabile solo di una minima parte delle emissioni storiche?” Ecco perché dobbiamo schierarci al fianco delle vittime delle ingiustizie ambientali e climatiche e smettere di investire nel petrolio e nel metano in Africa come a casa nostra. Il Papa ci propone un “mondo al contrario” di come lo stiamo preparando: l’Italia si preoccupa di sfruttare gli ultimi giacimenti di metano africano, mentre dovremmo aiutarli ad uscire per primi dalla povertà e dallo sfruttamento dei fossili.
I cambiamenti climatici e la distruzione della natura sono conseguenza delle azioni umane e ne sono già visibili “gli effetti, in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate”. Sì, anche le migrazioni, non sono colpa dei poveri, ma necessità umana causata anche dai cambiamenti climatici. Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Onu) entro il 2050 fino a 1,5 miliardi di persone dovranno lasciare le loro case e secondo altre stime nei 20 anni successivi diventeranno 3 miliardi.
Mettere al centro l’uomo e non il petrolio, vuol dire smettere di pensare che le migrazioni siano passeggere, un pericolo da cui difenderci, magari con impossibili blocchi navali, e preoccuparci di preparare, governare e cogliere le nuove opportunità di un fenomeno che sarà secolare. Mia madre ha studiato alla scuola tedesca di Milano e mi raccontava che le “invasioni barbariche” che hanno segnato i secoli dell’impero romano venivano definite sui suoi libri di scuola Völkerwanderungen, migrazioni dei popoli. Una opportunità dunque, una occasione per costruire nuovo sviluppo, nuove economie e nuove società, come sta accadendo, grazie alla mescolanza, alla accettazione delle diversità, nelle nuove metropoli del mondo.
Non è per niente facile, per niente una passeggiata, tanto che è lo stesso Papa ad aver rifiutato quella “etichetta ambientalista” che molti hanno attribuito in maniera superficiale alla Laudato sì. “Non è un’enciclica verde ma un’enciclica sociale”, diceva infatti nell’aprile 2020 ai membri della Fondazione Centesimus Annus, una enciclica che sta tutta nel solco della storia dell’impegno sociale della Chiesa. La nuova esortazione apostolica ad intensificare l’impegno nell’”ecologia integrale”, riguarda la cura della casa comune con le sue relative implicazioni sociali e politiche, in forte sintonia con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile concordati alle Nazioni Unite, che puntano a società prospere e sostenibili.
Alzi la mano chi abita in un condominio e non ha discusso in questi anni sugli orari di accensione del riscaldamento. C’è chi tiene spento tutta notte e chi distribuisce le 14 ore disponibili in due o più fasce diurne e serali. Quel che in pochi sanno è che la legge che limita gli orari non si applica a chi usufruisce del teleriscaldamento e neppure a chi abita in case efficienti e moderne o chi si riscalda e raffresca con pompe di calore. Anzi, per tutti questi, compresi uffici ed esercizi pubblici, si spreca e si inquina di più a continuare a spegnere ed accendere gli impianti.
La società A2A, che gestisce dallo scorso anno il teleriscaldamento a Lodi, ha sperimentato a Milano e a Bergamo la tariffa “bioraria”: di notte si spende la metà e di giorno poco di più di oggi. Con la bioraria, tenendo sempre acceso, si evitano le punte di domanda del mattino (anche del 25%), si riduce l’uso delle centrali a gas che costano di più e i condomini risparmiano sui costi energetici in modo significativo.
I volontari di Legambiente che si stanno confrontando con i tecnici di A2A hanno scoperto una notevole documentazione scientifica e confronti internazionali con altre città del centro e nord Europa a supporto del cambiamento. Cosa si aspetta allora ad introdurre la tariffa bioraria a Lodi? Dobbiamo dirlo agli amministratori dei condomini allacciati al teleriscaldamento perché informino i condomini prima dell’autunno. Il Comune di Lodi deve decidere di tenere sempre accesi gli impianti degli edifici (uffici e residenziali) che gestisce. Si deve informare l’energy manager dell’università e delle banche che, insieme ad ospedale e Provincia, sono i principali consumatori energetici.
Talvolta basta una misura gestionale per fare del bene sia alle nostre tasche che all’ambiente: la brutta caldaia a gas nascosta dietro il tribunale sta accesa normalmente solo un’ora al giorno (tra le 6 e le 8 del mattino) quando tutti accendono il riscaldamento. Per ammissione dei nuovi amministratori di Lodi è stato un errore averla autorizzata e costruita nel 2022. Come mai allora da due anni non si fa nulla per limitarne subito l’impatto e per farne completamente a meno in futuro?
Le nostre case, come gli uffici e gli edifici pubblici, tra qualche anno saranno climatizzati solo con pompe di calore azionate grazie all’elettricità rinnovabile. I nuovi impianti di quariere, come le nuove costruzioni e le ristrutturazioni più serie non prevedono più caldaie e bruciatori, i pannelli solari tappezzeranno tetti e facciate degli edifici. La Cina è il paese dove si installano più pompe di calore geotermiche perché si è appena concluso il piano governativo di alloggi per 200 milioni di abitanti che si sono trasferiti dalle campagne alle nuove megalopoli. Ne hanno fatte troppe, anche il comunismo ha ecceduto nel cemento e nella speculazione, tanto che è scoppiata la bolla immobiliare.
E allora, a Lodi, cosa aspettiamo, a piantare i rampicanti e gli alberi che erano stati promessi persino dall’ex sindaca Casanova per occultare l’orrore della caldaia a gas? E mentre i camini azzurro acceso saranno tinteggiati in “grigio Londra”, speriamo che qualcuno voglia chiarire i contenuti dello studio del Politecnico per “decarbonizzare” il teleriscaldamento di Lodi annunciato dal comune e promosso da A2A. Non ci interessa un tardivo studio per fare un po’ di efficienza energetica, desideriamo invece, due anni dopo la costruzione, che si programmi quanti altri anni ci vorranno per uscire definitivamente dal metano fossile a Lodi. Con A2A si è avviata una interlocuzione nuova e positiva, ora c’è da recuperare il ritardo e dimostrare che si fa sul serio.
Più di cinquanta associazioni della rete Umanità Lodigiana hanno organizzato al cinema Fanfulla a Lodi per il 15 aprile l’evento spettacolo “Il secolo mobile, liberi di partire e liberi di restare”. Protagonisti saranno il giornalista Gabriele Del Grande e il cantastorie Mohamed Ba. Mohamed Ba, con parole e musica darà voce ai popoli che hanno attraversato l’Africa, anche per giungere in Europa, prima seguendo noi colonizzatori, poi da noi chiamati per combattere le nostre guerre o per lavorare nei nostri campi e cantieri. Gabriele Del Grande narrerà invece le vicissitudini dei milioni migranti che hanno attraversato le frontiere del nostro continente, i nostri mari, le nostre campagne e montagne.
Quando, nell’ultimo dopoguerra di liberazione dal nazismo e dal fascismo, milioni di soldati, di internati o di profughi si sono dovuti inventare una vita a centinaia o migliaia di chilometri di distanza da dove erano nati. Quando non c’erano né controlli né visti, se non la cortina di ferro con i paesi comunisti, quando l’accoglienza era una necessità come la ricostruzione, quando i documenti e i passaporti, in mancanza di ambasciate e trattati, li rilasciava la Società delle nazioni, come dire oggi le Nazioni Unite. Non c’erano clandestini, permessi di soggiorno, “illegali” e ONG: l’imperativo per i nostri nonni, era tornare a vivere e lavorare, tollerandosi e amandosi l’un l’altro.
Gabriele Del Grande ha scritto un poderoso volume di 500 pagine, dal titolo appunto “Il secolo mobile”, sulla storia dell’emigrazione illegale in Europa degli ultimi cent’anni, per ricordarci in primo luogo che illegale, l’emigrazione lo è diventata solo recentemente e solo per le provenienze a noi sgradite, come lo eravamo noi italiani negli Stati Uniti un secolo fa. Se un italiano va in vacanza in Senegal oggi deve solo attendere il passaporto. Un senegalese potrebbe ottenere un visto turistico per tre mesi in Italia solo se stipula una assicurazione sanitaria (copertura minima 30.000 euro), dimostrare di avere un lavoro ben retribuito e disporre di mezzi economici.
Ci siamo dimenticati che quasi la metà dell’attuale popolazione italiana, più di venti milioni, sono emigrati nell’ultimo secolo nel resto del mondo. Conviviamo, in Italia e in Europa, con decine di milioni di lavoratori nati in altri paesi del mondo, con parenti e figli, tutti entrati con un volo aereo e con un visto turistico. Il nostro attuale governo ha appena autorizzato 150 mila ingressi dai paesi dell’Asia e dell’Africa non graditi, perché lavorino a basso costo nelle nostre imprese. Eppure ministri e politici ipocriti sembrano preoccuparsi solo di fermare l’invasione di 160 mila poveracci che ogni anno le nostre leggi assurde costringono a prendere i pericolosi barchini di mafiosi libici o a imboccare la faticosa rotta balcanica, spendendo tutti i loro averi.
L’ultimo rapporto Legambiente e del UNHCR (l’agenzia ONU che si occupa dei rifugiati) “Acqua, conflitti e migrazioni forzate”, richiama l’attenzione sulla scorretta e ingiusta gestione delle risorse idriche, causa di instabilità e guerre. E’ l’uso del petrolio e del metano fossile africano che aggrava la crisi climatica, la crescente siccità e nuovi conflitti e migrazioni. Ecco perché il “Piano Mattei per l’Africa” promosso dal governo Meloni aumenterà l’emigrazione illegale. Ecco perché, l’Italia fa male a spendere mezzo miliardo di euro per la guardia costiera e la bande criminali libiche, promettere duecento milioni sia all’Egitto che alla Tunisia, un miliardo per i campi in Albania, mentre farebbe bene a spendere quei soldi in scuole e formazione professionale per i migranti entrati in Italia. Abbiamo bisogno di condividere lavoro e sapere, sogni e desideri, non del loro gas e petrolio.
“Buongiorno, ci sono due lupi che si aggirano qui per la campagna, potete fare qualcosa?” Mi domandano al telefono. L’agricoltore che mi chiama li ha visti lontano ed è possibile che si confonda con cani randagi. Rispondo che dovrebbe segnalare l’avvistamento ai carabinieri forestali. “Io non avevo mai visto i lupi qui, chi li ha liberati? Siete stati voi, gli animalisti.” Capisco che vuole sfogarsi, gli spiego inutilmente che ci sono appena un centinaio di lupi in giro per la Lombardia, soprattutto in montagna nelle valli alpine e dell’Appennino. Dei 4 branchi di una ventina di esemplari in tutto che popolano la pianura, un piccolo branco è segnalato anche nel lodigiano da qualche anno a questa parte.
Nessuno li ha liberati, se non il buon Dio e le leggi della natura: un giovane lupo che lascia il branco può allontanarsi anche centinaia di chilometri. In genere il lupo sta lontano dall’uomo; sono i pascoli e i rifiuti abbandonati ad attirarli, come le loro prede, vicino alle abitazioni. Non c’è una emergenza: i rimborsi dei danni provocati provocati dagli attacchi ai pascoli dei grandi carnivori (lupi e orsi) in Lombardia ammontano a circa 60 mila euro all’anno, nel 2023 in lieve calo rispetto all’anno precedente.
Dei 130 attacchi di lupi censiti in dieci anni (dal 2012 al 2022), la provincia di Brescia ha registrato il maggior numero di aggressioni da lupi con 54 attacchi, davanti a Sondrio con 31. Seguono Como con 17, Pavia con 13, Bergamo con 8, Lecco con 2, Milano, Mantova e Varese con 1. Solo Cremona, Lodi e Monza Brianza non hanno fatto registrare episodi di attacchi. Per questa ragione i 70 interventi finanziati dalle regioni per la prevenzione degli attacchi di lupi, nessuno ha previsto abbattimenti. Si è trattato in genere di recinzioni elettrificate per evitare la dispersione dei pascoli e di buoni cani guardiani per le greggi. Contro gli orsi in trentino, la misura che si sta rivelando più efficace è stata la sostituzione dei cassonetti di raccolta dei rifiuti umidi, tutti chiusi e a prova di sfondamento: devono infatti resistere alla forza di animali maschi che possono raggiungere i 200 chili.
La speranza di trovare da mangiare, attira sia prede che predatori presso gli abitati: è così anche anche per i cinghiali. I cinghiali che circolano liberi nelle campagne sono prevalentemente specie ibridate con i maiali, sfuggiti o liberati dagli allevamenti con la speranza inconfessabile di poterli poi cacciare. Nonostante la selettiva caccia al cinghiale sia aperta in Lombardia da anni, il cinghiale inselvatichito continua imperterrito ad attraversare le strade, causando una ottantina di incidenti all’anno, in genere fatali per l’animale.
I cinghiali in libertà possono essere causa di trasmissione di peste suina (letale per gli animali, ma non trasmissibile all’uomo)? Sì, ma come precisa l’ufficio federale svizzero per la sicurezza alimentare e veterinaria, solo nel caso di suini allevati allo stato libero e “lentamente e su brevi distanze”. “Le attività umane sono le principali responsabili della diffusione della malattia sulle lunghe distanze”, a causa di contaminazione di “impianti, mezzi di trasporto oppure scarti di carne contaminata smaltiti nella natura.”
In regione ingrassiamo 4,5 milioni di maiali e importiamo 700 mila capi dall’estero, la metà dei quali di peso inferiore ai 50 chili. Per arginare il diffondersi di peste suina negli allevamenti la Regione ha stanziato 4,7 milioni di euro di soldi pubblici per inutili recinzioni fisse anti-cinghiali e per impianti automatizzati per la disinfezione dei mezzi adibiti al trasporto degli animali. E diamo la colpa ai cinghiali e all’ambiente.