
Il Circolo di Lodi di Legambiente LodiVerde ha scritto qualche giorno fa al Presidente della Provincia, Fabrizio Santantonio, per proporgli, in accordo con i Comuni interessati, di chiedere agli imprenditori che presentano i progetti più rilevanti, per investimento ed estensione territoriale, di finanziare annualmente una ricerca agronomica che monitori e verifichi il raccolto dei terreni che ospitano gli impianti agrivoltaici.
Non è possibile infatti che si affronti un tema del futuro, come le coltivazioni agricole che ospitano, anche senza perdere neppure un metro di terra, pannelli solari che incrementano il reddito agricolo anche con i proventi dell’energia elettrica. Pochi sanno che gran parte degli impianti agrivoltaico non sono finanziati. Non ce n’è bisogno. Sono il modo più economico per produrre energia elettrica.
Prima di tutto occorre fare chiarezza. Una cosa è il fotovoltaico a terra che va permesso solo in determinate aree, di minor pregio o persino compromesse anche dalla vicinanza di infrastrutture ad alto impatto, come le autostrade.
Altra cosa sono i progetti agrivoltaici, che adottano soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione. Poi ci sono i progetti “agrivoltaici avanzati”, che adottano soluzioni innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, o persino la loro rotazione in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione e, eventualmente, consentire l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione.
Le applicazioni agrivoltaiche avanzate permettono di verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, il controllo del microclima e la resilienza ai cambiamenti climatici. Si stanno già sperimentando anche in Italia campi solari che aiutano e migliorano la redditività agricola. E’ il solare che fa del bene all’agricoltura.
In questi casi non ha senso impedirne la diffusione o limitarne l’applicazione proprio sul suolo coltivato. E’ proprio lì che va fatto. Semmai può essere di grande interesse prevedere un sistematico e duraturo monitoraggio, una ricerca pluriennale per verificare i risultati nel tempo. Sapere se l’erba medica si può coltivare per anni, se meglio prevedere comunque rotazioni, se davvero l’asparago cresce meglio all’ombra intermittente del solare. Sappiamo che certi terreni si adattano meglio a certe coltivazioni. Possiamo azzardare che l’abbinata tra coltivazione e suolo debba adattarsi alle diverse disposizioni dei pannelli, più o meno elevati, fissi o mobili, oppure bifacciali e disposti in verticale. Il futuro dell’agricoltura di qualità si progetta con lungimiranza tenendo insieme studio della terra, progetto fotovoltaico, evoluzione delle coltivazioni e cambiamenti climatici.

“Si finanzi così un report annuale che per vent’anni valuti i risultati agronomici dei diversi progetti lodigiani e favorisca la condivisione e la valutazione dei risultati”, hanno scritto quindi Andrea Sari e Andrea Poggio, rispettivamente presidente e segretario del circolo Legambiente, alla Provincia di Lodi, “Lo scopo è di orientare il buon sviluppo dell’agrivoltaico e dimostrare che può davvero migliorare l’ambiente e l’agricoltura. L’agrivolatico non è e non deve essere una scusa per abbandonare le coltivazioni.”
Ora la Provincia e i Comuni si vedono proporre progetti, anche di notevole estensione, senza avere la possibilità e le competenze necessarie per valutarne la validità e, soprattutto, l’efficacia nel tempo. Ebbene, se i primi dieci maggiori progetti finanziassero con appena cinque mila euro all’anno un istituto universitario, potrebbe nascere una ricerca di importanza decisiva e, insieme, un sistema virtuoso e partecipato di verifica che l’agrivoltaico non sia una finzione per smettere di coltivare. La dimostrazione che il reddito aggiuntivo derivato dall’energia prodotta si integra davvero con quello da raccolto. Una risposta ai problemi dell’agricoltura.
